mercoledì 17 marzo 2010




Cosa sono le emozioni?



Filosofi e pensatori si sono da sempre interessati allo studio delle emozioni, in quanto esse raffigurano un asse essenziale della rappresentazione della vita morale.

Contributi derivanti da filosofi possono essere, per esempio quello di Aristotele, il quale in "De anima e de essentia" già forniva degli apporti di notevole modernità.



Oppure in epoca molto più recente, si annoverano i contributi di Darwin, il quale scrisse un libro tutt'oggi ancora fondamentale: "L'espressione delle emozioni nell'uomo e negli animali" in cui: in primo luogo si mostra la continuità delle emozioni tra il mondo animale ed il mondo umano; in secondo luogo, si avvia uno studio scientifico delle emozioni che si avvale di una metodologia innovativa, ovvero l'osservazione oggettiva del comportamento.


Alla fine dell'ottocento, precisamente nel 1884, James scrive il suo saggio "Che cosa è un'emozione" e rovescia la precedente tradizione che guardava alle emozioni come a meri stati di coscienza, affermando che esse erano piuttosto la percezione dell'attivazione corporea innescata da stimoli ambientali a carattere emotivo.


Dai contributi di James gli studi sulle emozioni si sono evoluti, succeduti ed in seguito diversificati in varie teorie.

Sebbene sia difficile trovare una definizione unica ed esaustiva per definire le emozioni, esse rappresentano dei processi affettivi caratterizzati da sensazioni di piacere - dispiacere con risposte di avvicinamento - allontanemento e con una valutazione positiva - negativa dell'evento.

Consistono in reazioni intense e di breve durata, determinate da stimoli ambientali e/o stimoli intrapsichici, che causano un'attivazione fisiologica.
Le emozioni, inoltre, hanno molteplici funzioni: determinano rapidamente cambiamenti fisiologici necessari per sostenere risposte adattive dell'organismo; permettono di comunicare i propri piani e le proprie intenzioni attraverso l'espressione; consentono la modificazione dell'attività cognitiva con il conseguente riorientamento della condotta in base a nuove priorità.


Il compito principale delle emozioni è quello di essere una "potente interfaccia" tra l'individuo e l'ambiente" in grado di mediare fra le situazioni costantemente mutevoli e le risposte comportamentali dell'individuo. Esse svolgono una funzione di scansione e valutazione degli eventi ambientali, al fine di deciderne la rilevanza ed i possibili effetti per gli scopi e gli interessi dell'individuo e per predisporlo a reagire a tali eventi in modo adattivo.


Nelle emozioni si possono altresì riscontrare diverse componenti: una componente cognitiva, concernente l'elaborazione del significato emotivo dello stimolo; una componente neurofisiologica riguardante l'attivazione del sistema nervoso centrale e del sistema nervoso autonomo; una componente motivazionale attinente ai bisogni ed agli scopi legati all'emozione; una componente motoria riscontrabile nella funzione espressiva e strumentale ed infine una componente soggettiva inerente il vissuto cosciente ed il monitoraggio consapevole dell'esperienza emotiva.


I processi emotivi, infatti, comprendono aspetti valutativi legati alla natura dello stimolo ed allo stato dell'organismo, ma anche aspetti espressivi, comunicativi, strumentali ed attivazionali.

sabato 13 marzo 2010

Cyberbullismo




Negli ultimi anni si assiste alla diffusione e moltiplicazione dei mezzi di comunicazione.
Ai primi posti troviamo sicuramente cellulari ed internet.


Entrambi oramai accessibilissimi anche in tenera età, a volte a partire sin dalle scuole elementari e medie, ed il più delle volte consegnati ai figli senza un reale controllo.

All'interno di questo panorama si è ultimamente insinuato un nuovo fenomeno dalla connotazione al contempo scolastica e sociale - relazione: il Cyberbullismo.

La duplice connotazione è spiegabile proprio attraverso le modalità di esecuzione. Molto spesso, infatti, le azioni prevaricanti che iniziano negli ambienti virtuali su vittime conosciute in contesto scolastico, si estendono poi proprio nelle relazioni interpersonali faccia a faccia attraverso un escalation comportamentale che può passare dalle offese, ingiurie effettuate via chat alle vere e proprie minacce e violenze fisiche.

Il Cyberbullismo consiste, infatti, in azioni aggressive messe in atto attravero strumenti informatici e/o ambienti virtuali. Esempi di condotte di cyberbullismo possono essere mandare emali, sms sgraditi, offensivi, di minaccia o addirittura creare siti diffamatori o pagine di social network (primo fra tutti facebook) della vittima.

Soprattutto in età adolescenziale essere vittima di cyberbullismo può rivelarsi ultremodo dannoso per una duplice serie di motivi. In primo luogo perchè il soggetto è immerso nel percorso di formazione di una propria identità autonoma...è alla ricerca del proprio sè.

In secondo luogo perchè proprio nel periodo adolescenziale le relazioni instaurate tramite la rete, la chat, i social network, internet sono vissute con un forte coinvolgimento emotivo e carattere realistico, spesso molto simile a quello delle relazioni faccia a faccia.

L'esperienza online del ragazzo/a vittima di cyberbullismo può quindi portare con sè profonde ripercussioni sulla sua vita sociale, relazionale e sullo sviluppo della sua identità.

Corpo & Comunicazione

Cosa comunichiamo?



Come comunichiamo?




Come il nostro corpo parla di noi?


E' proprio attraverso il nostro corpo che agiamo nella realtà circostante e che interagiamo con gli altri.
Il nostro corpo rappresenta, quindi, il mezzo di comunicazione più immediato a nostra disposizione.
Esso parla di noi e ci consente di comunicare con gli altri.
Cosa intendiamo con il termine comunicare?
La comunicazione non risulta essere un facile argomento di discussione, sicuramente alla domanda cosa significa comunicare, molti risponderebbere "Parlare". Tuttavia dietro al semplice "Parlare" si possono trovare altre numerose sfaccettature che vanno dal semplice trasmettere un messaggio al condividere, dallo stabilire un contatto con l'altro al giungere ad una vera e propria negoziazione e collaborazione.
Dietro al termine "Comunicazione" si cela un universo di significati, tuttavia ritengo che quello forse maggiormente esaustivo sia, appunto, comunicare come co-costruzione di un significato comune.

Comunicare quindi significa accordarsi su una prospettiva, proprio come metaforicamente avviene in un'orchestra dove tutto è legato, accordato secondo un ritmo particolare che stabilisce tra i partecipante un reale affiatamento.

Sempre rimanendo nella metafora dell'orchestra, chi è il direttore d'orchestra delle nostre comunicazioni??? Siamo noi!!!
Certamente per essere dei buoni direttori d'orchestra e comunicare efficacemente con gli altri dovremmop esser consapevoli di come il discutere di comunicazione implica il prendenre contemporaneamente in ceonsiderazione come essa avvenga non soltanto attraverso il canale verbale, ossia il cosidetto in senso comune "parlare", ma anche attraverso modalità definite non verbali.


Pensiamo a quanto comunichiamo conun semplice gesto, con un semplice sguardo...a volte più di mille parole.

La comunicanzione non verbale abbraccia, in senso generale, tutto ciò che non è strettamente linguistico; comprende, infatti, tutti gli aspetti di uno scambio comunicativo non concernenti il livello puramente semantico del messaggio, ossia il significato letterale delle parole che compongono il messaggio stesso.
Essa è stata studiato partendo proprio dal pressupposto che per un essere umano sia impossibile non comunicar, infatti oltre al parlare intenzionale che si riferisce alla comunicazione verbale, nella realtà quotidiana si "parla" anche tramite l'utilizzo di altri canali, quali: il nostro corpo, i nostri atteggiamenti e comportamenti,...tale tipologia di comunicazione è universalmente comprensibile in quanto i meccanismi dai quali deriva sono analoghi in tutte le culture, sebbene ogni cultura tenda poi a rielaborare in modalità differente i messaggi non verbali.

All'interno della comunicazione non verbale troviamo quindi un complesso ed alquanto eterogeo insieme di processi comunicativi, che vanno dalla qualità paralinguistica della voce, alla mimica facciale, ai gesti, allo sgurado, alla prossemica, fino a giungere alla postura, all'abbigliamento ed al trucco.

Noi siamo ciò che comunicahiamo ed è per noi impossibile non comunicare!

venerdì 12 marzo 2010

Quando l'amore diventa ossessione: la sindrome del molestatore assillante.


"Sembrava un amore vero, ma poi per incanto si è trasformato nel più grande degli incubi"

E' così che viene descritto lo stalking dalle vittime.

Ma di cosa si tratta?

Oggi tutti sembrano essere vittime di stalking, ma il fenomeno non è da sottovalutare e da banalizzare.

E' definito come "Sindrome del molestatore assillante"; ma chi è il molestatore e come si diventa tale, chi è la vittima e come lo si diventa?

Quando una relazione finisce ci si sente frustrati, infelici ed il terreno sembra mancarci sotto i piedi e così si cerca in ogni modo di recuperare quello che si è perduto. La maggior parte delle persone è cos' in grado, anche se con rammarico, di porre fine al tutto rispettando la scelta dell'altro che ormai sostiene di non amarci più.

Ci sono però persone che non accettano la fine e che iniziano a perseguitare l'altro, continuando ad inviare lettere, biglietti, sms e oggetti non richiesti, continuando con minacce, scritte e verbali, aggredendo fisicamente la vittima e nei casi più estremi tutto termina con l'uccisione della stessa.
Nel 1999 Mullen et all prendendo in considerazione sia la motivazione dominante che spinge il persecutore alla caccia, sia il contesto in cui egli la esercita, distingue 5 tipologie di Stalker:
  1. Respinto
  2. Bisognoso di affetto
  3. Corteggiatore incompetente
  4. Risentito
  5. Predatore

Anche se lo stalking è un crimine trasversale le donne sono le vittime predominanti e gli uomini i persecutori principali. L'ottanta per cento delle vittime di stalking identificate dalla ricerca sono donne ed il venti per cento sono uomini.

Nel 2001 Galeazzi et all hanno individuato tre caratteristiche fondamentali affinchè si possa parlare di stalking:

  • L'attore della molestia, lo stalker, agisce nei confronti di una persona che è designata come vittima in virtù di un investimento ideoaffettivo, basato su una situazione relazionale reale oppure parzialmente o totalmente immaginata, in base alla personalità di partenza ed al contatto con la realtà.
  • Lo stalking si manifesta attraverso una serie di comportamenti basati sulla comunicazione o sul contatto, ma in ogni caso connotati dalla ripetizione, insistenza ed intrusività.
  • Pressione psicologica legata alla coazione comportamentale dello stalker ed al terrorismo psicologico effettuato, pongono la vittima, stalking victim, in uno stato di allerta, di emergenza e di stress psicologico. Questi vissuti possono essere legati sia alla percezione dei comportamenti persecutori come sgradti, intrusivi e fastidiosi, che alla preoccupazione e all'angoscia derivanti dalla paura per la propria incolumità.

La vittima di stalking rischia di conservare a lungo delle vere e proprie ferite.

Le conseguenze dello stalking infatti, per chi lo subisce, sono spesso diverse e si trascinano per molto tempo rischiando di cronicizzarsi. In base al tipo di atti subiti ed alle emozioni sperimentate possono determinarsi stati d'ansia e problemi di insonnia o incubi, ma anche flaschback e veri e propri quadri di Disturbo Post Traumatico da Stress.

In molte ricerche, inoltre, si è riscontrato che esiste una "categoria sociale a rischio stalking" rappresentata da tutti gli appartenenti alle cosidette "professioni di aiuto", vale a dire i medici, gli psicologi, ed ogni sorta di Helper.


lunedì 1 marzo 2010

Consigli utili per le neo-mamme!

SOLO UNA MAMMA SERENA PUO' DARE SERENITA' AL PROPRIO PICCOLO!


Confrontarsi con altre mamme che vivono una situazione simile alla tua.


Lasciare che parenti ed amici ti aiutino un pò nella gestione della casa e del neonato.


Se ci si sente sole e stanche, prendersi del tempo per se stesse e magari lasciare un pò il bambino ad una persona di fiducia.


Cercare di riposarsi.


Dedicare, quel poco tempo libero, a se stesse, al proprio relax ed al proprio benessere.


L'altra faccia della maternità


Diventare mamma: tutti la descrivono come un'esperienza meravigliosa. La donna, tuttavia, si trova a dover affrontare un'esperienza del tutto sconosciuta.
Dopo il momento del parto la "Neo-mamma", che ha già affrontato una grandissima sfida, ovvero quella del "riconoscimento del neonato come del proprio bambino", si trova dinnanzia ad innumerevoli prove. Molto spesso queste prove sono rese più difficili da alcune credenze che la stessa "neo-mamma" si è creata durante tutti i nove mesi di gravidanza; come ad esempio "sarò una mamma perfetta", "saprò da subito capire il bambino", "Fare la mamma è sempre un'esperienza meravigliosa e gratificante", "Fare la mamma significa mettere sempre prima le esigenze del bambino alle proprie". Escludendo la possibilità di negare tali credenze, bisogna tuttavia sottolineare che la maternità possiede luci ed ombre.
Infatti dopo il parto può accadere che la Giovane Mamma non si senta poi così felice ed entusiasta, non si veda come adeguata nei confronti del suo piccolo bimbo, pianga senza motivo o abbia scoppi di irritabilità. Tutti questi comportamenti rientrano in quel fenomeno, che più comunemente è definito "Depressione Post - Partum".
Tale tipologia di depressione, definita Post Partum, ovvero dopo il parto, è una particolare forma di disturbo nervoso che colpisce molte donne a partire dal terzo o quarto giorno seguente il parto. Tra i sintomi maggiormente frequenti ad essa riconducibili si riscontrano.
  • tristezza e pianto, con frequenti cambi di umore e perdita di interesse per la maggior parte delle attività
  • disinteresse per il bambino e/o paura di fargli male
  • affaticamento e sensazione di esaurimento
  • sentimenti di disperazione
  • insonnia
  • mancanza di appetito

Di fronte a questi sintomi la neo-mamma non deve spaventarsi!

La succitata sindrome, che colpisce più del 10% della popolazione femminile, è dovuta a cause ben precise e può essere affrontata con successo!

Tra le principale cause si ricordano: fattori biologici, come ad esempio i cambiamenti ormonali indotti dalla gravidanza; fattori psicologici e di natura sociale, come il repentino cambiamento di ruolo per la donna, da essere figlia ad "essere madre" di una creatura totalmente indifesa e dipendente da lei, la mancanza di supporto emotivo all'interno della propria famiglia, la presenza di una "coppia genitoriale fragile",...
Ma come superare tale condizione?
Sicuramente utile sarà per la giovane mamma circondarsi di persone care, di amici e di tutto il supporto emotivo all'interno del proprio nucleo familiare. Sarà anche utile cercare di confrontarsi il più possibile con altre giovani mamme ed, in secondo luogo, cercare di ridimensionare le aspettative verso se stesse.
Tuttavia se i sintomi sono presenti per più di due settimane e con un entità "allarmante" si consiglia di rivolgersi ad uno specialista al fine di ottenere una consulenza psicologica ed adeguato trattamento.