martedì 7 settembre 2010

L'Estate sta finendo.....il post vacation blues


Sono finite le vacanze!
La maggior parte delle persone, ormai ritornata dalle località di mare o montagna, si ritrova a fare i conti con la vita quotidiana, con ciò che aveva lasciato in città prima di partire delle vacanze.
Tuttavia invece di sentirsi carichi, pieni di forze e pronti per affrontare il nuovo anno ed il lungo inverno che ci attende, ci si sente stanchi, apatici ed annoiati.
Niente di cui preoccuparsi: siamo di fronte al “Post vacation blues”, ovvero alla cosidetta sindrome dello “Stress da rientro”.

Secondo recenti dati Istat ben 1 italiano su 10 soffre della suddetta sindrome; quindi ben il 10% degli italiani presenta sintomi da stress dovuti al cambiamento del ritmo di vita quotidiana
Ma come riconoscere lo stress da rientro?
I sintomi tipici sono:
ü Nervosismo, irritabilità ed agitazione
ü Affaticamento e stanchezza
ü Mal di testa
ü Preoccupazione
ü Sonno disturbato e problemi di alimentazione
ü Ipersudorazione e tachicardia
La suddetta sindrome conduce ad un globale stato di malessere che può sfociare anche in tosse, insonnia,, giramenti di testa, dolori muscolari e nei casi più gravi, appunto in stati depressivi (come suggerisce il termine inglese “blues”)

Lo sindrome da “Stress da rientro” è dovuta, come dice il termine stesso, al cambiamento repentino delle abitudini, al brusco passaggio da uno stile di vita rilassato privo di particolari obblighi ed attività da adempiere ad uno, al contrario, frenetico e colmo di responsabilità ed attività, tipico dei contesti lavorativi.

Lo stress, difatti, è descrivibile come la risposta biologica dell’organismo alle situazioni di cambiamento repentino. Esso di esplica solitamente in tre fasi: un iniziale stato di allarme; una successivo momento di adattamento in cui ci cerca di ritrovare il “giusto” equilibrio; infine una fase di esaurimento nel momento in cui il soggetto non è appunto riuscito adeguatamente ad adattarsi alla nuova situazione.

Come prevenire l’insorgere dello Stress da rientro?

Al fine di prevenire la precitata sindrome sarebbe auspicabile assumere “alcune precauzioni”.
In primo luogo bisognerebbe “prepararsi mentalmente” al rientro e cercare di tornare a casa dalle vacanze qualche giorno prima di iniziare a lavorare, di modo da dare all’organismo la possibilità di riadattarsi al “clima” cittadino ed alle varie attività quotidianamente svolte nella maniera più graduale possibile. Quindi: Addolcire l’impatto del rientro dalle vacanze!

In secondo luogo sarebbe utile avere una sana alimentazione, fatta maggiormente di frutta e verdura. Soprattutto sarebbe vantaggioso consumare alimenti contenenti zuccheri semplici, come uva, perche, mele, zucchine; questi difatti consentono all’organismo di produrre una maggio quantità di serotonina, ovvero di quel neuro mediatore che stimola appunto il rilassamento e quindi il benessere. Quindi: mangiare sano!

In terzo luogo, una volta rientrati al lavoro, bisognerebbe tentare di non sovraccaricarsi di mansioni e di compiti tentando di concedersi un po’ di tempo per riappropriarsi della propria efficienza psico - fisica. Quindi: riprendere con “calma” la propria vita lavorativa.

In ultima istanza sarebbe opportuno concentrarsi su pensieri positivi e riprendersi gradatamente i propri tempi. Quindi: concedersi il proprio tempo ed il proprio spazio.

Dott.ssa Claudia Distefano

mercoledì 1 settembre 2010

Rieccoci qui!

Le vacanze sono giunte al termine.

Ed ora l'Associazione Oltreparola è nuovamente operativa!!!

Augurandoci che anche il Vostro sia stato un buon rientro vi invitiamo a seguirci nelle nostre future attività!

martedì 3 agosto 2010


Buone Vacanze a Tutti!!!

lunedì 24 maggio 2010

Nuove tecnologie per nuovi tradimenti


Attualmente si rileva un nuovo fenomeno: di fronte ad incomprensioni, disagi e conflittualità fra partner, la tentazione è di “fuggire” nella vita virtuale.

Perché tentare di comprendere e di essere compresi, con tutte le difficoltà del caso, nel rapporto di coppia, quando c'è qualcuno, nella chat, con cui possiamo farlo senza difficoltà?

Ciò che nasce come amicizia virtuale, se sopraggiunge all'interno di un disagio di coppia, può diventare amore virtuale.

Con la persona dell'altro sesso conosciuta in chat, si arriva a condividere, spesso, parti di se stessi, non partecipate neanche col partner.

L'intimità amicale diventa sempre più affettiva e si arriva a “sostituire” affettivamente e quindi a tradire il proprio partner.

Quando possiamo parlare di tradimento?

Escludiamo, ovviamente, il tradimento reale che si ha nel momento in cui la conoscenza dell'altro da virtuale diventa reale.

Ritengo che si possa parlare di un tradimento online quando il livello di “condivisione” virtuale coll'altro supera un determinato limite.

Limite fra condivisione amicale e quella di coppia che non è uguale per tutti, ma muta a secondo delle persone e situazioni coinvolte.

Limite che, teoricamente, potremmo porre nel momento in cui il noi” della coppia virtuale diventa preponderante rispetto alle singole individualità, che per quanto affini fra loro, intime, devono riuscire a mantenere una certa distanza affettiva.

Invece le entità dell'Io, del Tu e del Noi, sempre in bilico nella vita reale fra individualismi esasperati e fusioni totalizzanti, sul virtuale innescano una deriva fusionale, favorita dal gioco delle proiezioni reciproche sull'altro che è tipico delle relazioni online.

Nel momento in cui, nella relazione virtuale, il noi prende il sopravvento, la relazione da confidenziale, empatica, diventa passionale, nel senso che la presenza dell'altro in chat è attesa come s'attende una persona innamorata, quando la mancanza dell'altro, sempre in chat, diventa angoscia abbandonica, ecco che all'orizzonte si è profilato il tradimento.

lunedì 17 maggio 2010

La dipendenza affettiva.

La dipendenza non è generata solo ed unicamente da sostanza, ma anche da relazioni che l’individuo instaura con il suo ambiente circostante. Essa indica generalmente un legame di sottomissione tra un individuo ed un’altra persona, un gruppo, un oggetto, un comportamento,…

Da un punto di vista psicologico, il soggetto “dipendente” è caratterizzato da una mancanza di autonomia e di capacità di prendere decisioni autonome, spesso ha una visione di sé come bisognoso, fragile, come “vittima”. La dipendenza che tali soggetti instaurano nei confronti di oggetti o persone è strettamente legata al loro bisogno di non sentirsi inadeguati e di sperimentare una immagine di sé positiva.

In molti casi si parla di dipendenza affettiva, ma cosa è?

Nella dipendenza affettiva il soggetto è, come dice il termine stesso, dipendente da una relazione emotivo – affettiva instaurata con un'altra persona. Essa indica un legame di sottomissione che l’individuo stabilisce con l’altro, dove è proprio la “relazione” a divenire l’oggetto della dipendenza stessa.

Da dove nasce la dipendenza affettiva?

L’origine di tale dipendenza è da ricercare nel contesto delle prime relazioni con le figure significative. Anche se può apparire paradossale si instaura una dipendenza perché si ha bisogno di amore! Sin dalla prima infanzia il bambino è dipendente dalle proprie figure di accudimento, sia per i propri bisogni primari di fame, sete, freddo sia per i propri bisogni emotivi. Se il rapporto tra il soggetto in età infantile e l’adulto sarà caratterizzato da accettazione, rispetto e cure responsive ed empatiche il bambino crescerà autonomo, indipendente, sicuro di sé e fiducioso nelle proprie capacità e negli altri; contrariamente si svilupperà insicuro e bisognoso di continue conferme.

Nella dipendenza affettiva, pena la perdita della propria identità, il soggetto persegue costantemente ed in modo ossessivo la rassicurazione, l’attenzione e l’amore.

La relazione con l’altro, con il proprio partner, apparentemente risulta essere una relazione d’amore; tuttavia è descrivibile come una relazione di “bisogno”. Il soggetto affettivamente dipendente vive una relazione intrisa di angoscia, paura ed insicurezza in quanto è troppo concentrato a “chiedere” amore, cure ed attenzioni. Ci si trova di fronte ad una relazionale fusionale.

Chi è succube di tale tipologia di dipendenza spesso è una persona insicura, con scarsa autostima, paura dell’abbandono ed ansia da separazione. Il soggetto instaura una relazione proprio per colmare le proprie paure ed i propri bisogni.

Il soggetto con dipendenza affettiva è caratterizzato da:

ü Paura di perdere l’amore

ü Paura della solitudine, della soluti dine e dell’abbandono

ü Paura di mostrrsi per quello che si è e di non essere accettato in quanto tale

ü Senso di inferiorità nei confronti del partenr, il quale è visto come “eroe” e “salvatore”

ü Senso di colpa

ü Gelosia

ü Risentimento e possessività

In maniera maggiormente specifica tra i pensieri ed i vissuti emotivi ricorrenti possiamo riscontrare:

ü tendenza a sottovalutare la fatica connessa a ciò che serve ad aiutare la persona amata al punto da raggiungere, senza percepirlo in tempo, livelli elevati di stress psicofisico;

ü terrore dell’abbandono che porta a fare cose anche precedentemente impensabili pur di evitare la fine della relazione;

ü tendenza ad assumersi abitualmente la responsabilità e le colpe della vita di coppia;

ü autostima estremamente bassa e una conseguente convinzione profonda di non meritare la felicità;

ü tendenza a nutrirsi di fantasie legate a come potrebbe essere il proprio rapporto di coppia se il partner cambiasse, piuttosto che a basarsi su pensieri legati al rapporto attuale e reale;

ü propensione a provare attrazione verso persone con problemi e contemporaneo disinteresse e apatia verso persone gentili, equilibrate, degne di fiducia, che invece suscitano noia.

Giddens studiando la dipendenza affettiva individuò alcune caratteristiche specifiche di questa dipendenza, vale a dire:

ü l’ebbrezza : il soggetto affettivamente dipendente prova una sensazione di ebbrezza dalla relazione con il partner, in maniera maggiormente specifica sperimenta euforia in funzione delle reazioni manifestate dal partner rispetto ai propri comportamenti.

ü la dose: il soggetto affettivamente cerca “dosi” sempre maggiori di presenza e di tempo da spendere insieme al partner, la sua mancanza lo getta in uno stato di prostrazione. Il soggetto esiste solo quando c’è l’altro e non basta il suo pensiero a rassicurarlo, ha bisogno di manifestazioni continue e tangibili. L’altro rappresenta un’evasione, una fonte di gratificazione unica, tanto che si arriva anche a trascurare le normali attività quotidiane, come per esempio le attività lavorative e relazionali.

ü la perdita dell’Io: nella dipendenza affettiva esiste un alto rischio di perdita del Sé, della propria capacità critica e quindi, anche della critica dell’altro, vissuto come irrinunciabile nutrimento. Il senso di perdita di identità è seguito da sentimenti di vergogna e di rimorso. In alcuni momenti infatti, si percepisce qualcosa di distorto nella relazione con l’altro, che la dipendenza è nociva e che se ne vorrebbe fare a meno, ma la constatazione di essere intrappolati in un modello dipendente fa sentire indegni e quindi spinge ancora di più verso l’abbraccio dell’altro. La dipendenza è percepita come un’esperienza speciale e lo è nel senso che niente altro è altrettanto soddisfacente.

Il soggetto con dipendenza affettiva ama in maniera ossessiva e parassitaria, chiedendo al partner una assoluta attenzione e devozione. L’amore dipendente è caratterizzato dalla stagnazione, si ripiega su stesso e si chiude a tutte le influenze ed esperienze esterne.

La letteratura scientifica ha rilevato che la dipendenza affettiva è presente soprattutto nella popolazione femminile.

Dott.ssa Claudia Distefano

mercoledì 12 maggio 2010

Le nuove dipendenze

Il settore delle dipendenze patologiche appare oggi molto più variegato ed eterogeneo, includendo al suo interno non solo ed unicamente specifiche sostanze, ma anche fenomeno quali l’internet addiction, la dipendenza affettiva, lo shopping compulsivo.

All’interno di tale vasto panorama, risulta essenziale innanzitutto soffermarsi sul concetto di dipendenza patologica; essa necessita di un punto di vista multidimensionale che tenga contemporaneamente conto sia degli aspetti neurobiologici sia dei fattori comportamentali, sociale, psicologici e culturali.

Approcciandosi al fenomeno delle dipendenze appare evidente come esso non sia circoscritto solo ed unicamente ai cosi detti “Disturbi correlati a sostanza” siano essi correlati all’uso di sostanza o indotti da sostanze quali anfetamine, oppiacei, cannabis, cocaina,…

Attualmente la ricerca ed il dibattito scientifico si sono concentrati sulle “Nuove Dipendenze”, ovvero: la dipendenza da internet, da cellulare, dal sesso, dal lavoro, dallo shopping compulsivo, dal gioco d’azzardo, la dipendenza affettiva,…

Nei succitati casi non si tratta di uso e/o abuso di sostanza, come solitamente si può riscontrare nelle tossicomanie o tossicofilie, ma di comportamenti e relazioni problematiche, inadeguate e disfunzionali riferite ad oggetti, attività, gestione del proprio tempo e rapporto con la realtà interna, per ciò che concerne la percezione di sé, ed esterna, per ciò che riguarda le relazioni interpersonali, sociali e di coppia.

La dipendenza patologica si configura come una forma morbosa determinata dall’uso distorto di una sostanza, di un oggetto o di un comportamento, un’esperienza caratterizzata da un sentimento di incoercibilità e dal bisogno coatto di essere ripetuta con modalità compulsive.

Essa è una condizione invasiva in cui si possono riscontrare fenomeni quali il carving, l’assuefazione, l’astinenza in relazione ad una abitudine incontrollabile ed irrefrenabile che il soggetto non può allontanare da sé.

Queste nuove forme di dipendenza possono essere inglobate all’interno delle dipendenze comportamentali. Esse, attraverso la ricerca continua ed irrefrenabile di determinati comportamenti (quali internet, il sesso, lo shopping, o altro…) interferiscono nella vita quotidiano del soggetto a molteplici livelli.

A livello economico possono condurre ad una riduzione del patrimonio dovuta alle spese condotte dal soggetto finalizzate alla ricerca del comportamento desiderato; nei casi più gravi inoltre la dipendenza può andare ad interferire con l’efficacia ed il rendimento lavorativo e può essere quindi causa di licenziamento lavorativo. Psicologicamente è necessario sottolineare come oltre a ripercussioni cognitive quali problemi di attenzione e concentrazione, distorsioni della realtà e della capacità di pensiero, la dipendenza può causare problemi di natura emotiva, quali: depressione, senso di colpa, riduzione e perdita dell’autostima con conseguente isolamento sociale. L’isolamento sociale, difatti, rappresenta una conseguenza problematica molto importante: il soggetto tende difatti ad isolarsi dalla amici, parenti, colleghe non essendo più capace di relazionarsi con loro.

Il campo delle nuove dipendenze patologiche richiede una nuova attenzione e sensibilità in quanto risulta essere un fenomeno connotato dalla trasversalità e dalla grande pericolosità. Possono, difatti, esserne vittime preadolescenti, giovani, adulti, anziani, uomini e donne di diversa estrazione.

Dott.ssa Claudia Distefano

lunedì 10 maggio 2010

La ricerca del brivido al volante!

La psicologia del traffico è quel particolare settore della psicologia applicata che focalizza la sua attenzione sui partecipanti del sistema traffico, attraversando innumerevoli ambiti di studio da quello della percezione sino a quello della personalità.

Ma chi è “lo psicologo del traffico” e cosa fa???

Sicuramente nel panorama italiano è una figura emergente, la quale, purtroppo, ancora non ho ottenuto un giusto riscontro.

L’indagine Istat ha rilevato in Italia, per l’anno 2008 ben 218.963 incidenti di cui 4364 mortali. Sono dati allarmanti che portano ad una riflessione. Cosa determina ed influenza la sicurezza alla guida?

Il tema di “sicurezza alla guida” nel panorama italiano non è ancora sufficientemente affrontato in un’ottica psicologica, ma il più delle volte in chiave normativa e quindi con un ottica punitiva. Diviene necessario approcciarsi a tale tematica in un ottica più prettamente psicologica al fine di comprendere quali siano i fattori che influenzino il comportamento del guidatore e cosa lo spinga a mettere in atto condotte pericolose.

Sarebbe utile approfondire come fattori, quali: la stanchezza, l’uso di alcool e/o sostanza psicotrope, ma anche caratteristiche di personalità ed influenze, competenze e fattori sociali, possano interferire con la guida sicura. Cosa porta il guidatore a perdere il controllo fisicamente, cognitivamente ed emotivamente?

La psicologia del traffico, rispondendo primariamente a tale quesito, si pone come finalità quella di occuparsi della sicurezza stradale contrastando il fenomeno delle morti sulla strada e cercando di prevenire gli incidenti attraverso una “educazione stradale” che non sia solo ed unicamente didattica ed a carattere punitivo, ma al contrario cercando di sensibilizzare sul valore delle sicurezza e su come in esso possano intervenire numerosi variabili, prima tra tutte il cosi detto “Sensation Seeking”.

Il Sensation Seeking è ricondubile alla ricerca del rischio. Assumere il rischio, ovvero l’azione del Risk taking, significa indirizzarsi verso situazioni dall’esito incerto. Nel contesto particolare della guida e della psicologia viaria il concetto di Assumere il Rischio di collega strettamente alla “scelta di intraprendere volontariamente comportamenti potenzialmente dannosi e pericolosi”.

Il Sensation Seeking fu individuato da Zuckerman come un tratto di personalità definito dalla ricerca di sensazioni ed esperienze intense e dalla tendenza ad assumersi rischi per il puro piacere di queste esperienze. Esso conta al suo interno di quattro dimensioni specifiche: ricerca del brivido e dell’avventura, ricerca dell’esperienza, disinibizione e suscettibilità alla noia.

Numerose ricerche in ambito psicosociale hanno ben documentato come sia possibile riscontrare una relazione tra un alto tratto di Sensation Seeking e la guida pericolosa, l’alta impulsività e l’uso di droghe ed alcool prima di mettersi al volante.

Emerge quindi come alcuni fattori di personalità sembrino essere predittivi di future condotte a rischio quando si è alla guida. Ciò che porta il soggetto a violare le norme del codice della strada, all’alta velocità o all’assunzione di bevande alcoliche prima di mettersi alla guida è riconducibile ad un insieme di elementi quali: forte impulsività, aggressività, instabilità emotiva, ricerca di sensazioni forti ed inadeguata percezione del rischio.

Ed è proprio in tale ottica che diviene necessario attuare una prevenzione psicologica al fine di promuovere una guida sicura.

Dott.ssa Claudia Distefano